Riceviamo e pubblichiamo il contributo di Gianluca Liardo
In Romagna c’è un cuore che batte per tutti. È un cuore grande che viene da lontano e batte per tutti quelli che hanno subito violenza: per giovani studenti emarginati o presi di mira dal branco, per donne soggiogate da un compagno violento, per tutti quei bimbi che lottano contro un male inspiegabile e per quegli adulti che si affannano per sfuggire alla dipendenza, un mostro che sa assumere parvenze diverse e rimanere in agguato nel sottopassaggio di una stazione, tra gli scaffali di una ricevitoria o sul fondo di un bicchiere. Per non rimanere inermi di fronte a un mondo tanto violento, per non sprofondare nella disperazione o nel vittimismo, ci si può aggrappare a questo cuore grande che, venuto dal Sud, si è calato nelle emergenze dei nostri anni circondandosi di amici che possano offrire aiuto e conforto in questa sfida estenuante, anche se vecchia come il mondo.
Si è circondato di psicologhe che possano aiutare donne reduci da relazioni tossiche a superare la vergogna, la rabbia, quel ricordo che rischia di renderle diffidenti nei confronti di tutto il genere maschile e della vita; di maestri di judo che insegnino ai più fragili ad andare in giro con la testa alta e la schiena dritta, ad amare e rispettare se stessi prima che gli eventuali avversari; di pedagogiste che sappiano mettere a fuoco le dinamiche malate che sono alla base di molti comportamenti autolesionisti, delle dipendenze con le quali tanti finiscono per sabotare la propria stessa vita e sappiano trasmettere una visione della realtà familiare come prezioso gioco di squadra capace di alimentare circoli virtuosi; di uomini di legge e forze dell’ordine sempre pronti ad intervenire per scongiurare il dramma che – come ci ricordano gli angoscianti talk show del primo pomeriggio – è un’eventualità sempre più concreta e diffusa; di uomini e donne di cultura che con il loro attivismo possano toccare la sensibilità delle nuove generazioni nella speranza di poter trasformare, un po’ alla volta, questo mondo insidioso in un posto migliore.
A dare supporto a un cuore sempre in azione e molto spesso in pericolo, ci sono anche due mani che si mettono all’opera dalla mattina alla sera, intente a riparare giochi e macchinine in cui qualcosa non va, a riprogrammarne i telecomandi. Queste due mani, dopo averlo seguito dalla Campania alla Romagna sulla A1 e lungo la E45, sono rimaste abbracciate a quel cuore per diventare il simbolo di un’associazione che è ormai una cellula attiva sul territorio, pronta a dialogare e soprattutto ad andare incontro a tutti e in difesa di tutti, senza paura.
Solo una volta messi a posto i giochi, le mini auto ormai pronte a partire e regalare un sorriso a un bimbo spaesato per le corsie di un ospedale, quelle mani si dedicheranno ad altro… ma interrompete un attimo la lettura di questo pezzo e fermatevi ad immaginare il faccino di un bimbo in terapia che si metta, magari per la prima volta, al volante di una macchinina elettrica.
Immaginate un’espressione, un volto e poi immaginatene gli occhi. Quegli occhi hanno una luce che andrebbe diffusa per le vie di un mondo sempre più malato, andrebbe diffusa per illuminare questi tempi bui. Bisognerebbe farla conoscere nelle scuole, per sensibilizzare le generazioni del futuro e negli stadi che radunano in massa gli adulti se è vero che, come sosteneva qualcuno, un giorno sarà la tenerezza a salvarci.
Quelle mani infaticabili, dicevamo, si dedicano anche ad altro: fanno posto agli articoli sugli scaffali di un mercatino di beneficenza nato solo ed esclusivamente per finanziare l’associazione, per mettere da parte qualcosa che sia funzionale a un’altra opera di bene o compongono un numero di telefono per cucire nuove relazioni e alimentare la rete cercando rinforzi, perché per combinare qualcosa di buono bisogna sentire che si è in tanti, che si è forti. Sì, bisogna essere in tanti e sempre più forti -nella volontà e sul piano delle competenze- per inseguire il sogno di una rivoluzione dolce, il sogno che in un negozietto al piano terra di un piccolo centro commerciale della Romagna i volontari dell’associazione alimentano ogni giorno.
Chi, leggendo questo pezzo, ha realizzato di aver bisogno di aiuto può rivolgersi all’associazione Un cuore per tutti di Alfonso Ferrara attraverso un messaggio sui social. Chi, invece, ha avvertito il desiderio di offrire il proprio contributo e di diventare un rinforzo in questa lotta a tutto campo contro le insidie dei nostri anni può anche utilizzare le stesse modalità di comunicazione per proporsi ma, in ogni caso, non deve assolutamente lasciare che le cose vadano sempre peggio senza far nulla per cambiarle. L’importante, insomma, è che, come ama dire qualcuno: non aspettiamo la catastrofe, l’apocalisse [che è già qui], ma cominciamo già a ricostruire, a coltivare giardini di bellezza.