Riceviamo e pubblichiamo il contributo di Mario Garofalo
Riassunto
Il Risorgimento italiano, pur celebrato quale fondamento dell’unità nazionale, è stato a lungo oggetto di manipolazioni ideologiche e mitizzazioni che hanno distorto la realtà storica. Durante il regime fascista e successivamente nella Repubblica italiana, la narrazione storica di questo periodo è stata alterata per rispondere a specifiche esigenze politiche, contribuendo a forgiare una memoria collettiva che tutt’oggi influenza la cultura e la politica del paese. Questo saggio mira ad analizzare come la propaganda, le dinamiche politiche e l’interesse ideologico abbiano contribuito alla costruzione di una visione distorta del Risorgimento, con particolare attenzione alle manipolazioni durante e dopo il fascismo. L’intento è quello di restituire al Risorgimento la sua complessità storica, esaminando le contraddizioni sociali, politiche ed economiche che ne caratterizzarono l’evoluzione, senza nascondere la natura selettiva e artificiosa del racconto ufficiale.
Parole Chiave: Risorgimento, Disinformazione storica, Fascismo, Memoria collettiva, Manipolazione ideologica.
Introduzione
Quando si esamina la storia del Risorgimento italiano, si è immediatamente colpiti dalla sua celebrazione quale fondamento dell’unità nazionale, come il momento decisivo che ha visto l’Italia entrare nella sfera delle nazioni moderne. Tuttavia, in un’analisi critica del periodo, emerge quanto questo evento sia stato soggetto a narrazioni mitizzate, ideologicamente manipolate, e finalizzate ad esigenze politiche specifiche (Banti, 2011, pp. 25–28). In effetti, la storia ufficiale del Risorgimento è stata più spesso un prodotto di propaganda che non una narrazione oggettiva degli eventi. Le fonti storiche, quando lette con attenzione e senza pregiudizi, rivelano un quadro assai più complesso e contraddittorio rispetto all’immagine idealizzata che è stata tramandata.
La costruzione di un mito dell’unità, iniziato già durante l’epoca risorgimentale, si è consolidata e diffusa attraverso una propaganda ufficiale che ha avuto un impatto profondo sulla memoria collettiva (Isnenghi, 1996, pp. 11–14). Questo processo di narrazione selettiva, che ha voluto presentare il Risorgimento come un movimento di eroismo e coesione, è stato ulteriormente alimentato dal fascismo e ha resistito oltre la caduta del regime. L’intento di questo lavoro è decostruire questa visione, restituendo al Risorgimento la sua reale complessità e analizzando come la manipolazione storica abbia contribuito a formare l’identità nazionale che ancora oggi permea la cultura e la politica italiane.
1. La Manipolazione ideologica del Risorgimento
L’immagine che si è consolidata nel corso degli anni del Risorgimento è stata costruita sulla base di una selezione attenta degli eventi e delle figure da celebrare, con il fine di omogeneizzare un racconto unitario e irenico. Ma, come affermato da storici quali Esposito (2018, pp. 55–58), non è difficile riconoscere che le figure che oggi vengono celebrate come eroi dell’unità nazionale, come Giuseppe Garibaldi, fossero in realtà oggetto di critiche e ambiguità. Non è raro imbattersi, nei giornali dell’epoca, in articoli che descrivono Garibaldi come un “creduto prodigio”, un personaggio dai metodi e dalle scelte politiche più che discutibili (Il Piemonte, 1860, p. 3).
Questo fenomeno non è stato, tuttavia, un episodio isolato, ma parte di un processo più ampio di costruzione del mito risorgimentale che ha preso piede a partire dal periodo fascista. Benito Mussolini, infatti, riconobbe nel Risorgimento una risorsa simbolica fondamentale per giustificare e legittimare il proprio regime. L’epopea risorgimentale divenne, in tal modo, il veicolo ideale per veicolare una narrazione di continuità tra la lotta per l’unità e le politiche fasciste. Le figure chiave del Risorgimento, come Garibaldi e Mazzini, furono quindi presentate non solo come eroi del passato, ma come precursori del fascismo stesso (Bianchi &Fraschilla, 2020, pp. 77–81), contribuendo alla creazione di un’immagine di unità nazionale che rispondeva alle necessità ideologiche della dittatura.
2. La propaganda e la memoria collettiva
L’aspetto che più colpisce nella riflessione sulla manipolazione del Risorgimento è la sua capacità di resistere oltre la fine del fascismo. Come osservato da Duggan (2007, pp. 216–219), la narrazione mitologica del Risorgimento non solo ha sopravvissuto al regime, ma è stata adottata anche dalla Repubblica italiana, che ha continuato a celebrare le figure risorgimentali come emblemi di giustizia e libertà. In particolare, Garibaldi è stato riutilizzato dai socialisti e da altri movimenti di opposizione come simbolo di lotta contro il fascismo e per l’affermazione della democrazia.
Tuttavia, tale riproposizione non è stata priva di contraddizioni. La memoria del Risorgimento è stata utilizzata per fini politici contrastanti, dando luogo a una pluralità di interpretazioni, ma anche a un’omogeneizzazione che ha occultato le differenze e le tensioni. La storicizzazione dell’eroismo risorgimentale, purtroppo, non ha permesso una riflessione critica su tutte le dimensioni del processo di unificazione, specialmente riguardo le difficoltà economiche e sociali del Sud e le violenze legate al brigantaggio. Il racconto ufficiale del Risorgimento ha quindi contribuito a consolidare un’immagine unitaria e centralista dell’Italia, impedendo la comprensione delle fratture profonde che ancora oggi segnano la nostra storia (Gallerano, 1979, pp. 101–104).
3. La necessità di decostruire il mito
Naturalmente, potrebbe essere obiettato che la costruzione di un mito unificante del Risorgimento fosse necessaria, soprattutto in un paese segnato da profonde divisioni sociali e territoriali. In effetti, in un contesto di frattura politica e di difficoltà economiche, una narrazione che enfatizzasse l’unità e la sovranità nazionale ha indubbiamente avuto una funzione pedagogica (Isnenghi, 1996, p. 22). Tuttavia, questa giustificazione non può esonerarci dall’analizzare la falsificazione storica che ne è derivata. La semplificazione del Risorgimento ha comportato l’omissione dei conflitti interni, delle difficoltà sociali e delle critiche che caratterizzarono la fase post-unitaria. Il mito, pur svolgendo una funzione di coesione, ha oscurato le problematiche reali, relegando le voci dissidenti ai margini del discorso ufficiale.
4. Conclusioni: una storia critica e consapevole
La storia del Risorgimento, quindi, non può essere ridotta a una mera celebrazione eroica, ma deve essere interpretata nella sua complessità e nelle sue contraddizioni. Decostruire il mito risorgimentale non significa sminuirne l’importanza storica, ma restituirgli la complessità che merita, affinché possa essere compreso in tutta la sua portata. Solo attraverso una rilettura critica, fondata sulle fonti storiche e su un’analisi rigorosa, sarà possibile costruire una memoria storica condivisa che non nasconda le ombre del nostro passato, ma che le affronti con obiettività e onestà (Pavone, 1990, pp. 11–13).
Bibliografia
Banti, A. M. (2011). Il Risorgimento italiano. Roma: Laterza.
Bianchi, B., &Fraschilla, A. (2020). Storia e propaganda. L’Italia del fascismo e la costruzione del passato. Roma: Carocci.
Duggan, C. (2007). The Force of Destiny: A History of ItalySince 1796. London: Allen Lane.
Esposito, G. (2018). L’invenzione di Garibaldi: stampa, mito e realtà nell’Italia preunitaria. Milano: FrancoAngeli.
Gallerano, N. (1979). Intellettuali e fascismo: il mito della scuola unitaria. Bologna: Il Mulino.
Isnenghi, M. (1996). I luoghi della memoria. Simboli e miti dell’Italia unita. Bari: Laterza.
Pavone, C. (1990). Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza. Torino: Bollati Boringhieri.
Il Piemonte (1860). Il creduto prodigio di Garibaldi, 13 settembre 1860. Archivio Storico della Stampa Piemontese, Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino.